Si torna a casa.

Sono 8 anni che Patricia ha fatto il corso al 36°, peraltro muovendosi dal basso Piemonte. Ci eravamo divertiti,  il corso è sempre stato un momento lieto e non solo di apprendimento.

Da subito avevamo capito che Patricia ha talento e notevole creatività.

Poi a parte qualche parentesi con zoom nel periodo Covid in cui ci siamo visti dopo il corso, Patri ha fatto la sua strada.

Ma il filo di rapporto non si è mai interrotto tra me e lei, e piano piano mi sono sempre arrivati nuovi aggiornamenti sulla sua attività, sempre interessanti, anzi, se possiamo usare il termine “carriera” in ambito di fotografia amatoriale, ebbene lei ne ha fatta, e non poca:

Concorsi e manifestazioni in cui è stata presente con sue produzioni sono diventati numerosi, sia in Brasile che in Italia, infatti lei vive col marito in entrambi i paesi.

Quindi, pensando ad un ospite, perché non farla tornare e mostrarci i suoi progressi?

E quindi eccola da noi, con parole bellissime nei confronti del nostro gruppo per le quali la ringrazio.

Sentire da lei definire “casa” il nostro 36 per me è stato il miglior complimento.

Si, è nel DNA del circolo essere aperti ed accoglienti, e ci è sempre stato detto da chi è venuto ospite a trovarci, e per fortuna è la nostra modalità di essere.

È un pregio? Forse, ma non studiato o ricercato, fa parte dell’entusiasmo che mostriamo per le occasioni di confronto.

Ma tornando alla nostra ospite, in primis ha un nome d’arte: “Madame Pagu” nato da un lessico familiare insieme all’appellativo di Madame che è stato dato a Patricia durante una mostra, per l’eleganza delle sue immagini, ed eccolo qui, presente sul suo sito, su Instagram e nel suo raffinato biglietto da visita.

Detto questo, perché madame Pagu fotografa? E cosa fotografa?

Direi che essere fotografa, per la nostra amica è una definizione stretta, lei è artista a tutto tondo, usa il mosaico, il cucito, la multivisione, il collage, il fotomontaggio analogico; assembla, compone, fa rinascere vecchie foto a nuova vita, creando un linguaggio intenso e coinvolgente.

Quindi la fotografia c’entra, come strumento, insieme alle altre discipline, ma il fondamento del suo scopo, non è per creare solo bellezza, ma per esprimere concetti e pensieri, per estrinsecare quanto nel suo animo le da emozioni, che siano suscitate da esperienze personali o da problemi sociali che lei sente vicini e forti, per i quali vuole esprimere il suo sentire, per dare intensità alla sua voglia instancabile di comunicare al mondo quanto forti siano alcune tensioni interpersonali.

 Il primo lavoro che ci ha proposto è un breve corto sull’argomento della violenza sulle donne, dove una semplice striscia di stoffa scorre tra le sue dita, e si dipanano alcune parole e ritratti antichi di donne, apparentemente serene in posa, ma le parole evocano, fanno immaginare che  dietro ad ogni viso c’è una storia, magari una violenza, e quella è una violenza ricorrente, trasversale, per ogni età e luogo, qualcosa di sotterraneo che si rende visibile solo nelle sue estreme conseguenze.

Il messaggio è intenso anche senza l’uso di immagini forti, parole e descrizioni, solo evocativo, neanche un monito, ma basta a calarci in un dramma sociale che non conosce confini.

Un’altra presentazione invece prende spunto da alcune dichiarazioni dell’ex presidente del suo paese, e anche qui, usando solo una inquadratura su una macchina da scrivere, scrive un testo riguardante solo alcune semplici informazioni, giusto per inquadrare questo grande stato, ma alternandolo con alcuni messaggi pubblici dell’ex presidente, che dimostrano quanto un paradosso possa trovarsi addirittura al potere, causando alla fine anche drammatiche conseguenze.

E quindi ci siamo imbattuti in un percorso autobiografico, dove la nostra ospite ha affrontato il suo rapporto genitoriale, sofferto e non risolto.

Ci ha narrato che per approfondire le sue problematiche ha addirittura fatto alcune interviste ad altre donne in crisi come lei, scoprendo che non era sola.

Dunque ha costruito alcune immagini fortemente allegoriche per dare luce a qualcosa che le rodeva, e tutti ci siamo chiesti come sarebbe riuscita a rendere visibile quello che è solo un pensiero, una sensazione, un disagio; ma anche qui, con immagini raccolte nei vari mercatini, e qualche autoscatto, qualche montaggio e collage, qualche ricamo su una stampa di stoffa, ecco comparire l’invisibile.

Dunque ci è toccato toccare: abbiamo messo il tavolo al centro e sono comparse stampe, collage, mosaici, ricami, tutto tangibile, tutto che diventa concreto.

Qui abbiamo ulteriormente compreso che non solo c’è un pensiero dietro ai suoi lavori, ma anche una grande abilità manuale, mani  che trasformano oggetti banali e apparentemente insignificanti in nuove associazioni che evocano un’emozione, una scoperta, un nuovo orizzonte simbolico.

Non era una serata facile, sia per i contenuti intensi, sia  per come sono stati espressi, con simbologie create dalla fantasia e dalla creatività di Madame Pagu, ma credo che il risultato sia stato raggiunto, con applausi e commenti spesso entusiastici.

Certo non è solo fotografia, ma un linguaggio multifattoriale; ci siamo calati in percorsi mentali cui non siamo avvezzi, però credo che tutti si siano portati a casa nuovi stimoli, spero anche qualche ispirazione per rivedere almeno qualcosa nel proprio modo di esprimere, magari provare ad affrontare argomenti che pensiamo non si possano sviluppare.

Per mantenere viva la memoria siamo stati omaggiati di una stampa proveniente da un suo collage, un pensiero veramente caro.

Abbiamo avuto un bel regalo dalla nostra ex socia, una gran bella serata, in quella che è anche casa sua.

La aspettiamo con i suoi prossimi progetti.

https://madamepagu.com/