I quartieri dove abitiamo presentano del buono ma vivendoli ne conosciamo il lati che non ci piacciono, o che ci indispongono.
Max ha esordito con Pegli: una foto di spiaggia disordinata, con detriti, inoltre la proposta di una bella visione di quello che potrebbe essere un borgo marinaro con barche da pescatori ma sullo sfondo una petroliera gigante che passa davanti al molo, e poi la cementificazione sfrenata, il degrado di certi vicoli pedonali o infine le difficoltà del parcheggio, tutto con colori saturi.
Mi è piaciuto il lavoro di ricerca, che non si è fermato a dettagli poco significativi, ma un pensiero prima dello scatto.
Buone anche quelle di Furio, su quezzi, con i mostri sotto forma di ascensori, immagini ben composte e con il messaggio ben evidente
Interessante la scelta del bianco nero per dare (a detta di Furio) un senso di maggior oppressione.
Infine Norberto con una serie realizzata a Celle, con tanti dettagli di vandalismo, ottusità dell’arredo stradalecon limitazioni agli spostamenti delle persone con handicap o quello ben più imponente con la rappresentazione ossessiva degli stabilimenti balneari, con l’affastellamento di ombrelloni e sdraio per occupare ogni centimetro di spiaggia.
A questo punto Giuseppe aveva pronte le sue immagini che la scorsa settimana non è riuscito a portare, molti gruppi di immagini a dimostrazione di una intensa attività fotografica.
Molte le prove su vari argomenti, dal ritratto ai paesaggi, dallo streeet a lavori eseguiti su argomenti più delicati come la religione.
Abbiamo già visto le capacità di Giuseppe nello scatto, sia nella composizione che sopratuttto nella scelta del momento.
Quello che traspare è il suo grande interesse per le persone, di ogni ceto e razza, per i volti, per i sorrisi, per la comunicativa, per il gesto.
Sul gruppo di foto fatte al lagaccio ha anche affrontato l’argomento con una progettualità sicuramente coerente, frequentando i luoghi anche prima di scattare, facendosi conoscere dalle persone, il miglior approccio.
Gli ho però dovuto fare un piccolo appunto: il buono del suo approccio è che ha creato un ottimo rapporto con le persone, ma a fronte di valide riprese molto spesso le persone interagiscono con un bel sorriso all’obiettivo di Giuseppe, quella posa che ognuno di noi offre quando qualcuno gli punta la macchina, discorso intrapreso da Roland Barthes nel suo “la camera chiara”
Così mi sono permesso di indicare sul gruppo whatsapp il libro di Bruce Davidson su East 100th street, quando il fotografo volle documentare questo luogo di New York, un lungo lavoro di 2 anni, tanto che a volte le foto regalate da Bruce ai suoi soggetti sono visibili appese sui muri.
Ma la considerazione che ho dovuto fare guardando le immagini di Giuseppe è di quanto entusiasmo pervade le parole e le foto del nostro amico, entusiasmo che vedo un po’ diminuito nel nostro circolo, con un minor numero di proposte con fotografie nuove, di temi, di partecipazione.
Un consiglio per Giuseppe: se vuole ascoltare i suggerimenti siamo contenti, basta che non ci sia l’effetto di diminuire questa bella esuberanza.
Un grande grazie da parte mia a Giuseppe che mi ha dato un messaggio di positività e di voglia di fare fotografia.