Già la scelta di Doc è una scelta matura, un autore ben noto, che ha fatto scuola sia con le sue immagini che con le sue scelte di vita.
Il buon luca si è accuratamente preparato, nei suoi giorni casalinghi, provando il piacere di dedicarsi comunque alla fotografia, ma in una forma diversa, quella della ricerca.
Il primo a parlargli di ES è stato Ivo, che lo considera un suo maestro, come molti d’altronde. Quindi Luca si è cominciato a procurare qualche libro e ha scoperto la profondità di un autore perfezionista fino al maniacale.
Infatti ci ha raccontato della nascita del progetto su Pittsburgh, un lavoro di grande impegno culturale e fisico, che ha portato ES allo scattare migliaia di immagini e da quelle scelte, trarre stampe piene di contrasti con luci e ombre, che detto qui sembra banalmente il solito effettaccio di bianconero, ma a vedere le foto ci si rende conto che qui la post produzione è funzionale per rendere forte il messaggio.
Ma questo lavoro di camera oscura (per Smith il fotografo deve non solo scattare ma arrivare alla produzione della stampa, quindi in prima persona darne l’interpretazione voluta) lo portò a tempi e stress notevole per l’esigenza di ottenere la stampa perfetta.
Ma non finisce qui, abbiamo visto altri grandi progetti di ES, “Spanish Village”, “Country Doctor”, “Minamata”.
Studiando le immagini, dopo poco si capisce che il nostro protagonista non si accontenta di trovare il soggetto e fotografarlo come si presenta, ma sa come impostare una certa regia rapportandosi in diversi casi con i suoi soggetti, fino al chiederne qualche gesto o intervenendo con luci artificiali.
Luca ci ha addirittura inoltrato nelle notizia meno note di come Smith sia intervenuto sulle sue immagini con trattamenti di camera oscura tranquillamente paragonabili a manipolazioni di photoshop, e ci siamo chiesti: “E’ lecito?”
Chi c’era ha potuto leggere la frase pronunciata dal fotografo sulle regole, e sulle sue regole…
Bravo Doc, tutti abbiamo apprezzato non solo il lavoro di ricerca, ma la maniera simpatica di raccontarcelo, il pensiero che Smith ti ha ispirato studiandolo, la modestia che ti ha fatto correre come se attardarti fosse per la platea un problema, e invece ci hai lasciato la voglia di sentirne ancora.