Vengo da Minsk, amo la fotografia, appartengo al People’s photo club “Minsk” e sarò a Genova
Vorrei dialogare con i membri del 36º per parlare di fotografia creativa.
Cosa avreste fatto ricevendo una mail di questo tipo? Io ho risposto.
Così ci siamo accordati, e Aliaksandr è stato nostro ospite venerdì scorso. Insieme a lui è venuta Tatiana, sua concittadina ma residente a Genova, che si è resa disponibile a fare da interprete. Dopo una piacevole cena in pizzeria dove ci siamo scambiati alcune informazioni, ci siamo ritrovati in sede e Aleksandr ci ha mostrato un congruo numero di immagini.
Minsk è una città di notevoli dimensioni capitale della Bielorussia, con un clima nebbioso e freddo nel periodo invernale; Una lunga stagione di bianco è nero ma in una natura che ha del sognante.
Il foto club a cui appartiene Aliaksandr ha compiuto la bellezza di sessant’anni, e convivono soci fotoamatori e fotografi professionisti.
Lo Stato interviene nel coadiuvare le attività del foto club rendendo disponibili ampi spazi dove è possibile realizzare mostre.
Grazie alla paziente traduzione di Tatiana, ho saputo che tra i fotoamatori l’attrezzatura fotografica in Bielorussia non ha alcune caratteristiche di consumismo che viviamo noi, una fotocamera digitale si deve conservare per anni, e anche l’usato non viene molto considerato, poiché spesso non sembra affidabile
Molto simpaticamente Aliaksandr ci ha omaggiato del libro commemorativo dei sessant’anni del suo club, a cui ho dato uno una scorsa ed ho trovato anche numerose immagini di pregio; da parte nostra abbiamo offerto al nostro ospite una copia del libro di Malatesta.
Aliaksandr ci ha portato una chiavetta con oltre 300 immagini, non poche, e molte di sono rivelate interessanti: generi diversi.
Siamo partiti dall’informale con macchie a disegno astratto, fino a paesaggi invernali in atmosfere sognanti, con molte immagini elaborate sia da fotocamera che da cellulare.
Una cosa molto interessante è il bisogno del colore, tanto colore, colore nelle case dipinte, colore nell’abbigliamento, le macchie sui muri.
Ma altresì ci ha stupito la sua capacità di creare titoli che dessero storia a forme di colore, obbligandoci ad uno sguardo nuovo su foto che a primo acchito sembravano solo astratte.
Invece erano assenti portfoli e lavori a gruppi di immagini su uno stesso tema.
Peraltro la produzione di Aliaksandr è notevole, e mi sono immaginato che il tempo che dedica allo scatto è considerevole, inoltre abbiamo apprezzato la semplicità con cui si approccia a temi diversi, senza crearsi problemi di coerenza, uno spirito libero.
Immagino sia un’evoluzione della sua vita: lui ha iniziato come fotografo professionista fino alla caduta del muro e alla fine dell’Unione sovietica, quindi ha proseguito fino alla pensione con altri lavori.
Ora che ha ritrovato la libertà dal lavoro, ha ripreso la fotografia.
A parte i temi, esiste un filo conduttore nelle sue immagini, ed è la creatività, nelle svariate forme, dall’uso del colore, alla ricerca del particolare, alla semplice associazione di forme e linee.
Dicevo uno spirito libero, e come tale, d stimolo per aiutarci a ritrovare anche in noi un rapporto più genuino, forse infantile, con la fotografia. Attenzione,dicendo infantile, non mi riferisco alle sue foto, ma sto auspicando, anche a me stesso, un ritorno al gioco, alla pura curiosità, senza pensare al creare un’opera d’arte.
Abbiamo dunque mostrato a lui alcuni nostri lavori, qualche slide, e mi ha fatto piacere che ne abbia voluto qualcuna caricata sulla sua chiavetta da mostrare al suo fotoclub.
Da parte nostra qualche immagine della sua chiavetta l’abbiamo salvata per avere anche noi un suo ricordo.
Tatiana, la ringraziamo tanto, si è resa disponibile per un compito non facile, con il timore di non essere all’altezza, ma in realtà è sempre riuscita non solo a tradurre tra Aliaksandr e noi, ma ha anche dato il giusto senso alle frasi, aiutandoci a capire lo spirito con cui si guardavano le foto proiettate sullo schermo.
Per me è stata una piccola fortuna questo incontro, peraltro Aliaksandr e Tatiana mi hanno confessato che non credevano che avremmo risposto, e ciò rafforza l’idea che non si chiudono le porte, ma si aprono.
Bello è stato salutarci con uno stretto abbraccio, e capire che la lingua dell’immagine può essere universale.